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Sopravvivere al post-parto: guida pratica e confessioni random.

  • Immagine del redattore: Progetto Baby Space
    Progetto Baby Space
  • 13 feb
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 9 apr

Il bello, il brutto e il sorprendente del quarto trimestre (spoiler: sì, ce la farai!).


Magari li avrete visti anche voi: sui social girano alcuni video del mare del Nord in tempesta, che mostrano imbarcazioni travolte da onde gigantesche, maelström angoscianti ed esseri umani in balia delle forze della natura. Come se tutto questo non fosse già abbastanza inquietante, la colonna sonora è da brividi (“Hoist the colours”, che a me, personalmente, atterrisce). Se dovessi riassumere il mio post-parto in maniera concisa ed efficace, sceglierei proprio quelle immagini e quella musica. Perché è così che mi sono sentita in quelle prime settimane: insicura, stanca, impaurita e con la costante sensazione di non essere mai abbastanza, di non riuscire a farcela in un’impresa che mi sembrava più grande di me. Perennemente in apnea, in procinto di affogare. I primi tempi con il mio piccolino non sono stati per niente facili. E non per motivi attribuibili a lui, che faceva semplicemente il neonato, con bisogni e richieste da neonato, tutto sommato semplici da gestire: essere nutrito, cambiato, cullato e tenuto in braccio. La fatica era tutta mia, tutto mio il sentirmi improvvisamente inadeguata a un ruolo – quello di mamma – che pure avevo tanto desiderato e aspettato. Avevo realizzato un sogno, il mio bimbo stava bene e cresceva sano… e allora perché non riuscivo a sentirmi felice, perché ogni cosa mi terrorizzava e mi costava un’immensa fatica?


Post-parto, o puerperio: una definizione

Prima di cominciare, capiamo bene di cosa stiamo parlando. Post-parto o puerperio sono spesso usati come sinonimi, per indicare il periodo successivo al parto. In realtà, il post-parto (post partum, in latino e “medichese”) identifica tecnicamente le ore immediatamente successive all’espulsione della placenta, mentre il puerperio è quel tempo di durata variabile (in genere 6 settimane o 40 giorni, ma, come sempre, può sensibilmente variare da donna a donna) che inizia dopo il parto e termina quando l’apparato genitale femminile torna alle condizioni anatomiche e funzionali che aveva prima della gravidanza. Ma questa è la sola cosa che torna come prima, perché invece tutto il resto cambia, tutta quanta la vita della donna e della sua famiglia viene completamente stravolta. E bisogna cercare un nuovo equilibrio, costruire una nuova identità.


Il momento in cui tutto cambia

“Nel momento in cui nasce un bambino, nasce anche la madre. Lei non è mai esistita prima. Esisteva la donna, ma la madre mai. Una madre è qualcosa di assolutamente nuovo”: trovo che questa frase, attribuita a Osho, sia perfetta per parlare del post-parto. Perché riporta il giusto equilibrio in un avvenimento che altrimenti è tutto concentrato sul bambino, quando, invece, sono in due a nascere: il figlio e la madre. Per la prima volta separati. Dopo il parto, dopo questo avvenimento così rivoluzionario e magico, ma anche estremo e traumatico, cominciano due nuove vite: perché anche l’esistenza della madre da quel momento viene completamente cambiata, stravolta. In altre parole, nei giorni del puerperio tutto viene rimesso in gioco, in modo brusco e improvviso. Un piccolo shock, come quando si entra in acqua con un tuffo, invece che un passo alla volta, lasciando che il corpo si abitui alla temperatura più fresca.

C’è un neonato da accudire che ha bisogno di noi per tutto e i cui bisogni non sono sempre facili da capire, c’è l’allattamento da far partire, ci sono ritmi completamente sballati, ormoni che vanno su e giù come uno yo-yo e ferite (fisiche e psicologiche) da far guarire. Tutto insieme, tutto in una volta e quindi non c’è da stupirsi se il post-parto sia un periodo incredibilmente faticoso.


"Un tocco d’amore, un legame che dura per sempre. 💫"
"Un tocco d’amore, un legame che dura per sempre. 💫"

La mia esperienza: bello il puerperio, ma non ci vivrei

Nel mio caso, tutto è stato amplificato dalla mancanza di sonno. Il mio travaglio si è svolto di notte, mentre le due notti successive in ospedale non ho quasi chiuso occhio per via del trambusto in camera: succede che non appena ti appisoli, il tuo bimbo o gli altri si svegliano, oppure arriva qualcuno del personale (siano lodati, eh!) per farti un prelievo, misurare la pressione, controllare il piccolino. Una volta a casa, ho dovuto fare i conti con ritmi completamente sballati, un bimbo affamato e perennemente attaccato al seno o che voleva solo dormire a contatto. All’epoca non sapevo che tutto questo è naturale e fisiologico, per cui, oltre ad avere le allucinazioni dalla stanchezza, mi tormentavo chiedendomi dove stavo sbagliando: non avevo abbastanza latte? E perché Aldo non dormiva nel suo lettino? Lo stavo già viziando, tenendolo sempre in braccio? Perché mi sembrava che alle altre mamme tutto venisse più facile e naturale? Cosa avevo io e che cosa aveva il mio bambino che non andava? Uscivo poco e passavo le giornate seduta sul divano, con il piccolo che dormiva su di me: spesso i miei famigliari mi rimproveravano al suono di “mettilo giù!”, ma ormai avevo rinunciato a posarlo nella culla o nella carrozzina, perché sapevo che si sarebbe svegliato dopo cinque minuti (e indovinate un po’ a chi sarebbe toccato ricominciare il giro di tetta e riaddormentamento?). Mangiavo quando capitava e quello che capitava,andare in bagno a fare pipì era un’impresa, figurarsi fare una doccia.

Restavo lì a guardare le giornate di novembre e dicembre spegnersi nella sera, angosciata all’idea di un’altra notte insonne, e mi sentivo chiusa in una bolla, ferma immobile mentre tutto il resto del mondo andava avanti.

Oggi mi capita di rivedermi in qualche foto o video fatti in quei giorni e mi stupisco di come, nonostante tutto, riuscissi a sorridere. Perché mi ricordo benissimo come mi sentivo: stanca, arrabbiata e impaurita. Poi, però, piano piano le cose sono cambiate.


Post-parto: tutto il tempo che serve

Si dice che il tempo guarisca ogni cosa, in realtà siamo noi che ci adattiamo e ci modifichiamo alle nuove circostanze. Con il puerperio è esattamente così. È il periodo in cui si devono prendere le misure con la propria nuova vita, una vita in cui tutto è stravolto: il sonno, gli affetti, il ruolo sociale e familiare. È così dall’alba dei tempi e in tutte le culture: la donna che aveva appena messo al mondo un figlio veniva accudita e aiutata dalle altre donne della famiglia o della comunità, veniva sollevata per un certo periodo dai lavori domestici o fuori casa, proprio per permetterle di vivere a tu per tu con il suo bambino quel tempo lento necessario a conoscersi e a trovare nuovi ritmi e modi. Oggi, invece, oltre al fatto che la rete famigliare e sociale è molto più rarefatta rispetto al passato, capita anche di dover fare i conti con un modello di femminilità e maternità che ci pretende produttive, efficienti e sul pezzo fin dall’uscita dall’ospedale. Che, per carità, se una se la sente, va benissimo. Ma qui pare che se non riesci a ingranare subito nella tua nuova vita sei una loser, una un po’ sfigata.


E io, in effetti, mi ci sentivo un po’ sfigata. Ero persino arrivata ad auto convincermi di non essere tagliata per il ruolo di mamma. Il fatto è che mentre sei “dentro” alle cose, fai fatica a razionalizzare, ad avere una visione d’insieme. Oggi, invece, guardando indietro, capisco che in quel tempo lento io e il mio bambino stavamo crescendo insieme, ci stavamo conoscendo. Mentre i giorni si sommavano ai giorni, io acquisivo quella sicurezza che mi era mancata all’inizio. Piano piano, un pezzettino alla volta, ho imparato a fidarmi di me, ma soprattutto del mio bambino, ho smesso di proiettare su di lui le mie ansie e paure. Insieme alla primavera e alle giornate che si allungavano, sentivo arrivare una nuova energia. Finalmente mi permettevo di essere felice.


Depressione post partum o baby blues?

Ho riflettuto molte volte sull’esperienza che ho vissuto, spesso mi sono chiesta se non stessi attraversando la tanto temuta depressione post partum, o se invece si trattasse di un più fisiologico e passeggero “baby blues”. Ho contattato una psicologa perinatale e già questa azione, questa consapevolezza di non farcela da sola ma di avere bisogno di un aiuto esterno, ha fatto tanto. Non ci sono mai andata, dalla psicologa, ma mi piacerebbe comunque farlo per prendere coscienza di quello che mi è capitato. La spiegazione che oggi mi dò è che quella grande paura che provavo allora non fosse altro che una forma di resistenza al grande cambiamento che mi aveva investita. Questo fattore, unito all’estrema fatica e allo scarsissimo riposo (ora capisco perché la deprivazione di sonno è uno strumento di tortura!), mi hanno fatto scivolare su una china pericolosa. Mi sono riacciuffata in tempo, anche grazie all’aiuto della mia famiglia e di poche persone preziose che in vari modi mi sono state accanto. Ma, per una volta, voglio anche riconoscermi il merito di aver lavorato su me stessa. Ogni tanto mio marito mi dice: “Da quando è nato Aldo, sei proprio cambiata”. È vero, sì. Sono un’altra persona.



"Non arrenderti. Non sei solo. Tu conti."
"Non arrenderti. Non sei solo. Tu conti."

Quello che mi ha aiutata

Il senso di questo lunghissimo post vorrebbe essere quello di far sentire meno sole e meno sbagliate quelle mamme o quelle famiglie che stanno attraversando delle difficoltà in un momento delicato e faticoso come quello che segue a una nuova nascita. Che è un momento carico di meraviglia, di bellezza e di magia, solo che a volte gli aspetti positivi vengono offuscati da quelli negativi che il puerperio porta con sé. So quanto sia benefico leggersi nei vissuti di qualcun altro e io stessa avrei preferito sapere prima queste cose, perché forse mi sarei risparmiata qualche crisi di rabbia e qualche pianto.


Chiudo lasciandovi qualche consiglio: quello che ha aiutato me e che magari può fare la differenza anche per voi:


- Prendetevi tutto il tempo che serve e non sentitevi in colpa. Chiedete aiuto al partner, ai genitori o agli amici più cari per le faccende di casa e per preparare da mangiare. Meglio una teglia di lasagne al forno che un corredino per la culla (dove tanto il piccolo non dormirà);


- Chiedete supporto nella gestione del bimbo: se il partner o i vostri genitori non possono aiutarvi, una doula vi stupirà con effetti speciali


- Ritagliatevi del tempo per curare l’igiene personale, ma soprattutto per dormire;


- Uscite di casa, incontrate altre mamme: scoprirete che siete meno strane e sbagliate di quello che pensate.


- Per quanto possibile, cercate di coltivare anche interessi diversi: a me, ad esempio, piace tantissimo leggere e ascoltare podcast. Nelle prime settimane passate sul divano ad allattare o a far dormire Aldo, ho letto e ascoltato tantissimo!


- E poi – dato che i neonatini adorano dormire a contatto – munitevi di marsupio o fascia portabebè, ma fatevi spiegare bene come si usano da una consulente del portare. Così vi alzerete da quel benedetto divano!


- Infine, se nonostante ciò continuate a sentirvi sopraffatte o angosciate per la maggior parte del tempo, parlatene con uno specialista: anche i consultori in genere mettono a disposizione uno psicologo specializzato in perinatalità.



Progetto Donna
Progetto Donna

🌿 Al post-parto e alle sue complessità è stata dedicata la diretta di gennaio scorso di Progetto Baby Space, con le professioniste di Progetto Donna – Flavia Pignataro, Ilaria Bazzoffia e Jessica Contavalle.


Durante l’incontro, abbiamo parlato di come il post-parto sia un periodo di grandi trasformazioni, sia fisiche che emotive, e di quali strumenti possano aiutare le neomamme a viverlo con maggiore consapevolezza e serenità.


💡 Se ve la siete persa, potete rivederla qui! 🔗✨





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